I parental control, conosciuti anche con software per il “controllo genitoriale”, sono uno strumento sempre più utilizzato nelle famiglie perché permettono di impostare filtri e limiti nell’utilizzo dei contenuti digitali a cui i figli possono accedere durante l’utilizzo dei dispositivi di vario tipo come tablet, smartphone, computer, smart tv, PlayStation e simili.
Questi dispositivi, che possano essere considerati strumenti di comunicazione e divertimento ma anche di relazione, rappresentano un’opportunità di crescita pur richiedendo molta attenzione e consapevolezza nel loro utilizzo, perché non tutti i contributi disponibili online sono pensati per i più giovani, i quali necessitano di essere accompagnati dagli adulti per essere educati a una fruizione corretta dei contenuti ai quali accedono.
Esistono diversi tipi di “parental control” e si applicano a varie tipologie di strumenti tecnologici, per questo è più corretto parlare di “sistemi” di controllo genitoriale e sono sempre più integrati all’interno dei sistemi operativi e dei browser che utilizziamo quotidianamente, permettendo di monitorare o, se necessario, bloccare l’accesso a determinati siti o applicazioni per evitare l’esposizione a contenuti considerati non adeguati. Inoltre, permettono di impostare il tempo di utilizzo di computer, tv, smartphone e tablet, definendo la durata dell’utilizzo consentito.
Spesso permettono anche di localizzare la posizione degli smartphone e di riflesso quella dell’utilizzatore oppure di registrare gli itinerari seguiti.
Addirittura, nelle versioni più evolute si possono leggere SMS inviati, ricevuti e cancellati, ma anche delle app di messaggistica e dei social network, nonché di registrare le chiamate in entrata e in uscita.
Oramai, più che delle app di controllo genitoriale, sembrano dei sistemi di spionaggio in grande stile.
Inutile dire che l’utilizzo di questi sistemi di controllo dovrebbe essere concordato tra il controllore e il controllato, perché altrimenti, se il controllato ha da 14 anni in su, si rischia di incorrere in una violazione della privacy o peggio.
Ma tutto questo controllo serve davvero?
Non è una risposta facile perché ci sono due importanti aspetti da valutare:
Il primo lo ricaviamo da un documento redatto nel maggio 2020 dal Comitato di Lanzarote, sul rafforzamento della protezione delle persone di minore età contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali durante la pandemia di COVID-19, perché, in seguito alle misure di confinamento, i minori si sono mossi in misura sempre maggiore nello spazio virtuale, dipendendo dai social media per rimanere in contatto con gli amici, esprimersi, distrarsi, ma anche studiare e questo ha portato ad un aumento del rischio per i minori di divenire vittime di adescamento online (grooming), abusi, cyberbullismo e altre forme di violenza facilitate dalle tecnologie dell'informazione e della comunicazione.
Un altro aspetto, invece, lo spiega uno studio recente effettuato da EU Kids Online, progetto della Commissione Europea che ha l'obiettivo di fornire una base di dati certi sulle esperienze d'uso di Internet da parte dei giovani e sostiene che il “parental control” non serve a molto e che addirittura dopo una certa età non serve quasi a nulla.
Per lo studio è stato distribuito un questionario a oltre 25 mila ragazzi fra i 9 e i 16 anni e ai loro genitori, in rappresentanza di 25 Paesi e stabilisce che i “parental control” ottengono un doppio risultato negativo: per la maggior parte dei giovanissimi nativi digitali, le nuove tecnologie rappresentano una parte integrante della quotidianità, strumenti di relazione, di fruizione di contenuti d’intrattenimento, ma anche di studio e informazione e quindi si sentono fortemente limitati in queste opportunità; dall'altro, questa forma di "spionaggio da Grande Fratello", come viene definito, può compromettere le relazioni familiari, minando la fiducia fra genitori e figli. Si legge: "Le misure restrittive e di controllo da sole non sono in grado di equipaggiare i ragazzi di fronte ai rischi e ai potenziali danni".
Lo studio chiarisce che dopo gli 11-12 anni, l’uso di parental control risulta essere sicuramente controproducente perché la proibizione può diventare, per i ragazzi, un motivo di sfida che con tutta probabilità saranno in grado di vincere: gli adolescenti nativi digitali, in genere, hanno le capacità tecniche per aggirare con facilità i filtri. Prima di quell'età, invece, il parental control può essere utile, soprattutto a evitare che i bambini finiscano su siti con contenuti di violenza esplicita; ma è necessario spiegare ai figli perché vengono attivati questi controlli e condividere con loro la scelta.
Quindi, a quanto pare, questi “controlli genitoriali” diventano inutili o controproducenti per i più grandi, sebbene possano essere utilizzati in modo contingente, a fronte di una problematica emersa, come uno dei supporti possibilmente utili a superare una difficoltà specifica.
Con ragazzi e ragazze, superata l’età e la necessità di un parental control, può essere utile ad esempio informarsi sulle impostazioni di privacy di strumenti, app e servizi, scoprendole insieme e configurandole. I sistemi di parental control sono insomma soluzioni parziali perché è più importante parlare con i propri figli e creare consapevolezza per un uso responsabile delle tecnologie digitali. Come sempre quando si ha a che fare con il mondo digitale.
Per informazioni potete contattarci:
Telefono: +39 0422 22813
e-mail: segreteria@proattiva.eu
Seguiteci sui social network:
Facebook: https://www.facebook.com/proattiva.protezionedati
Linkedin: https://www.linkedin.com/company/proattiva-protezionedati
Comments