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Protezione dati: la nuova responsabilità dell'imprenditore moderno

  • Immagine del redattore: Valentino Pavan
    Valentino Pavan
  • 16 mag
  • Tempo di lettura: 4 min

Perché una mente imprenditoriale forte lo sa: "La reputazione si costruisce in anni di duro lavoro, ma può andare in fumo in un clic"

#54 Maggio-Giugno 2025 articolo PROATTIVA Valentino Pavan Citta e Storie
#54 Maggio-Giugno 2025 - articolo Citta e Storie - PROATTIVA Valentino Pavan

Un attacco informatico può colpire un'azienda, senza che nessuno se ne accorga e danneggiare tutta la produzione senza rubare nulla! Oggi proteggere i dati significa proteggere il mercato, i dipendenti e la reputazione aziendale. Non è questione di se succederà, ma di quando!


Nel mondo iperconnesso di oggi, la protezione dei dati è diventata un tema centrale per la competitività, la reputazione e la sopravvivenza stessa delle imprese. Ma attenzione, parlare di protezione dei dati non significa semplicemente “fare cybersecurity”. Significa soprattutto governare l’informazione in tutte le sue forme, in tutti i suoi usi, lungo tutta la sua vita.


È un tema più ampio, che comprende quattro dimensioni interconnesse: legale, tecnica, organizzativa e formativa. Solo affrontandole tutte con coerenza si può pensare di creare un’impresa solida, non ricattabile e in grado di affrontare con consapevolezza le sfide del presente.

 

L’ambito legale: proteggere rispettando le regole

Le aziende devono conoscere e rispettare le norme in materia di dati e sicurezza. Dal GDPR al nuovo Regolamento Macchine 2023/1230, fino alla Direttiva NIS2. Non rispettare questi vincoli espone a sanzioni e mette a rischio l’intero modello di business, ma il rispetto di queste regole non deve essere in funzione di non rischiare la sanzione ma deve esser visto come un’opportunità di crescita della competitività e della protezione della reputazione aziendale.

 

Caso reale: nel 2020 un’azienda manifatturiera italiana è stata multata per 100.000 euro per non aver adottato misure sufficienti a proteggere i dati dei dipendenti compromessi da un attacco ransomware.

 

 

L’ambito tecnico: la cybersecurity come fondamento

Firewall, antivirus, backup sicuri sono strumenti necessari, ma non bastano. Gli attacchi entrano da una SIM, un’app, un’e-mail.

È di importanza strategica considerare anche la protezione OT (Operational Technology), troppo spesso trascurata: macchinari e dispositivi connessi alla rete produttiva devono essere messi in sicurezza esattamente come i server e i PC aziendali.

Una buona pratica è affiancare alla protezione perimetrale un approccio Zero Trust, in cui ogni accesso viene continuamente verificato, indipendentemente dalla sua posizione nella rete.

Gli attacchi moderni sfruttano l’ingegneria sociale, la disattenzione e il tempo scarso a disposizione dei dipendenti: non basta dotarsi di strumenti, bisogna saperli usare e, soprattutto, saper riconoscere i segnali di un attacco in corso.

Un errore diffuso è credere che un'infrastruttura sia al sicuro solo perché apparentemente disconnessa da Internet. Tuttavia, spesso esistono connessioni indirette: una stampante con una SIM, un gestionale che comunica via API, o persino un dispositivo USB usato inavvertitamente.

In particolare, oggi è fondamentale prevedere sistemi di monitoraggio continuo delle reti e degli endpoint, soluzioni di autenticazione multifattoriale, protezione delle e-mail, segmentazione della rete tra ambienti produttivi e amministrativi, e backup geograficamente ridondanti.

La protezione tecnica è ciò che di solito viene subito in mente quando si parla di sicurezza, ma è anche l’ambito in cui si tende a semplificare troppo. La sola presenza di firewall, antivirus o backup non garantisce alcuna reale protezione se questi strumenti non sono gestiti correttamente, aggiornati e integrati in un piano coerente con l’intero sistema aziendale.

 


Caso reale: nel 2021, un attacco a un’azienda veneta nel packaging ha modificato le impostazioni dei macchinari, causando una settimana di produzione difettosa. Il danno è stato enorme e l’attaccante era un competitor estero.

 


L’ambito organizzativo: il vero cambio di paradigma

Serve una visione sistemica e una mappatura completa dei sistemi. La Direttiva NIS2 aiuta a strutturare processi robusti.

l vero salto di qualità nella protezione dei dati avviene quando l’impresa abbandona una logica emergenziale e adotta un approccio strutturato, continuo, profondamente organizzativo.

Questo significa costruire una governance solida: definire ruoli chiari, responsabilità precise, processi documentati e monitorabili per ogni fase del ciclo di vita dei dati e delle infrastrutture digitali.

Un punto spesso sottovalutato, ma cruciale, è la definizione delle priorità dei trattamenti dei dati svolti dall’azienda. Non tutti i dati, né tutte le infrastrutture che li trattano, hanno la stessa importanza o lo stesso livello di esposizione al rischio.

Ecco perché diventa fondamentale avviare una valutazione integrata di rischiosità e urgenza, che analizzi:


  • la criticità operativa dei dati trattati (es. fermo produzione, disservizi, interruzioni);

  • la sensibilità legale e reputazionale (es. dati personali, proprietà intellettuale);

  • la vulnerabilità tecnica delle infrastrutture coinvolte;

  • i tempi di reazione richiesti in caso di incidente.


Attraverso questa valutazione si possono allocare in modo efficiente le risorse di protezione, evitando sprechi e garantendo attenzione prioritaria dove serve davvero.

Questa logica è alla base di qualsiasi approccio serio al risk management e viene adottata da framework come ISO 27001, ISO 31000 e la Direttiva NIS2.

Infine, l’organizzazione deve assicurarsi che anche la gestione delle utenze sia coerente con il principio del “minimo privilegio”: ogni utente deve avere accesso solo a ciò che realmente serve. L'eccesso di autorizzazioni è una delle principali fonti di rischio laterale in caso di compromissione.

 

In sintesi, la protezione efficace dei dati inizia dalla conoscenza profonda dei processi, passa dalla mappatura aggiornata delle infrastrutture e si realizza nella capacità di dare priorità alle cose giuste, prima che sia troppo tardi.



Caso reale: febbraio 2025, azienda veneta costretta a chiedere la cassa integrazione per 350 dipendente a causa di un attacco informatico.

Inizialmente sembrava che la produzione dovesse rimanere ferma max 48 ore, anche grazie alla presenza di un backup con dati aggiornati alla sera precedente l’attacco, ma i tecnici dell’azienda si sono accorti che sarebbe servito molto più tempo.

 

 

L’ambito formativo: il capitale umano come difesa primaria

L’uomo è il primo firewall. Senza formazione continua, anche il sistema più sicuro è vulnerabile.

Secondo il CLUSIT, il 52% degli attacchi colpisce le PMI. Le PMI venete sono spesso bersagli perfetti: agili ma poco protette. Anche le PMI devono agire. Subito.

 


Caso reale: un impiegato poco formato ha autorizzato un bonifico da 90.000 euro a un IBAN falsificato. L’email sembrava provenire dal direttore generale, ma era un attacco man-in-the-middle.



È il momento di agire!

Gli imprenditori e i manager non possono più sottovalutare questi temi. Serve una regia consapevole che si affidi a competenze multidisciplinari, capaci di coniugare aspetti legali, tecnici, organizzativi e formativi.

Perché non si protegge un dato per proteggere un dato, ma per difendere la produttività, la reputazione e l’esistenza stessa dell’azienda.


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